Convegno AMCI: La relazione di cura tra fede e scienza

“Aiutami e aiutalo Signore”, è tra le righe di una preghiera sussurrata che trova risposta il rapporto tra fede e scienza. Un rapporto profondo, due realtà in grado di incontrarsi sulla strada della cura, alla ricerca di un unico, importante scopo: la guarigione del sofferente.


Si è tenuto a Bari, lo scorso 1 Febbraio, il convegno su ”La relazione di cura tra fede e scienza” promosso dal Centro Italiano Femminile (CIF) di Bitritto, presieduto dalla Dott.ssa Cristina Maremonti e dall’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI) di Bari, presieduta dal Dott. Pierfrancesco Agostini, con il patrocinio della Città Metropolitana. Di fronte ad una numerosa ed interessata platea interpreti di questa grande analisi, Filippo Maria Boscia, bioeticista, presidente nazionale Amci e don Mimmo Minafra, cappellano della Grotta di Lourdes hanno cercato di dare risposte ad alcuni dei tanti quesiti che si pongono all’uomo: La fede, la preghiera e la speranza, balsamo del corpo e dello spirito? Quali i confini fra spiritualità e scienza? Quanto è importante l’alleanza medico-paziente?
L’incontro, moderato dalla Prof.ssa Carmela Varchetta, docente di Filosofia ed esperta in Comunicazione, si è aperto con l’intervento dell’Assessore Vito Lacoppola che ha portato i saluti del Sindaco della Città Metropolitana di Bari, per proseguire con la toccante testimonianza di fede di Don Mimmo Minafra, un uomo di quasi 2 metri di altezza ed una timidezza disarmante.
Una vita “normalissima”, come lui stesso la definisce, Don Mimmo inizia il suo percorso di fede all’età di 19 anni ma non sa ancora che, il vero incontro con Dio avverrà molto tempo dopo; già diacono, nel ’96 inizia ad accusare forti dolori alle gambe e poco tempo dopo rimane paralizzato. Tumore al midollo osseo la diagnosi e una vita destinata sulla sedia a rotelle. Incontra la sofferenza, la tocca con mano, la prova sulla sua pelle. Una sera poi il miracolo: chiede a sua madre di fare un’offerta per un bambino malato poi entra in sala operatoria: un intervento che non avrebbe dovuto restituire l’uso delle gambe, ma quella sera stessa sente dei soffi accarezzargli dolcemente gli arti inferiori, strana sensazione e poi la capacità di un movimento impercettibile. Pochi giorni dopo era in piedi e camminava come mai aveva fatto. C’è spiegazione per questo? Si c’è! Quando gli viene chiesto se è guarito più per fede o per scienza Don Mimmo risponde: “Grazie ad entrambe”.
Non bisogna aver paura dell’ammalato, non dobbiamo temere la nostra impotenza di fronte alla sofferenza ma partire proprio “dall’ accettazione dell’affettività”, come lui stesso afferma. Una carezza può guarire, ecco il vero segreto. E non si fa distinzione tra uomini di scienza o di fede ma tra semplici, fragili esseri umani. I malati quando pregano chiedono molto meno di quanto chiediamo noi, nessuna parola, solo carezze e sorrisi. Spesso si vorrebbe donare una parte di sé ma rinunciamo per incertezza o fragilità; ed ecco l’appello: “Nell’incontro con l’ammalato infrangiamo certi steccati, non teniamoci tutto dentro. Certi scrupoli nella vita poi, pesano. Non rinunciamo alla tenerezza!”

Quella stessa tenerezza con cui il medico deve accogliere la richiesta di aiuto del paziente. Il Prof. Boscia, straordinariamente tesse i fili del suo discorso, legandoli alla perfezione con la fede, a testimonianza di come due realtà dello stesso percorso possono e devono incontrarsi sempre.

In una sua lettera fra Arturo Paoli sottolinea la possibile relazione di tenerezza e dialogo con Dio: “Ho pensato che insistendo, bussando alla sua porta, lui aprisse, ma non l’ha fatto. La porta la apre quando vuole lui. È Dio che ci ama, Non siamo noi ad amare Dio.” La preghiera è un punto d’arrivo e sempre di ripartenza, dice Boscia, i medici sono chiamati però a sfiorare quella porta.

Un medico ha il compito di inserirsi nel tessuto fragile dell’ammalato prima che del paziente, ha il dovere di non ridurre tutto ad un rapporto “industria-prodotto” come invece la nuova Era tecnologica ci sta portando a fare, di proteggere in punta di piedi quell’ideale di croce dell’alleanza in un rapporto orizzontale (medico-paziente) e al tempo stesso verticale (Dio-uomo).

Ma cosa accade davvero nella preghiera?:

<< Il cervello “spegne” gli stimoli sensoriali che normalmente attingono informazioni dall’ambiente esterno permettendo di concentrarsi sulla propria interiorità e favorendo anche la percezione delle cose che abbiano un senso unitario in un’ottica di trascendenza e infinito. La preghiera infatti attiva la funzione parasimpatica, riduce frequenza cardiaca e pressione sanguigna, abbassa i livelli ematici di cortisolo (l’ormone dello stress) rafforzando così la risposta immunitaria >>, ci spiega il Prof. Boscia.

Allenare nel tempo la nostra preghiera, il suo appello, per far sì che non diventi una formula magica ma un patto con la nostra fragilità.

Fede e scienza non devono essere viste necessariamente differenti nel percorso che ciascun paziente deve compiere: dalle prime domande del “ perché proprio a me “ alla forza nel superare la malattia, una forza che non viene dai medici, afferma il presidente dei medici cattolici, ma dalla convinzione che ci sia qualcuno che ci protegge.

“Lo spirituale è l’amore, quel vero amore che accarezza e conforta. Esiste una terapia: quella dell’altruismo che è la vera via da ricercare” e alla domanda se esistono i miracoli, Boscia risponde senza ombra di dubbio: SI.

La medicina moderna deve seguire queste lezioni di agape, di carità, ritrovare percorsi di incoraggiamento e sguardi di misericordia verso chi soffre, affinché la cura diventi globale e preveda approccio olistico per una salute globale di corpo, mente, anima, sensibilità e spiritualità.

L’obiettivo è andare oltre la cura del corpo, promuovendo un percorso di guarigione che tenga sempre più conto della persona in tutte le sue componenti, compresa quella spirituale, queste le parole del Dott. Agostini.
E a conclusione di questo fiume delicato di parole e testimonianze, l’invito di Cristina Maremonti alla platea a non arrendersi mai, nemmeno nei momenti in cui la disperazione sembra prendere il sopravvento. Scienza e fede sono opposizione e opportunità con le quali tutto può essere realizzato.
Un dialogo, un confronto per cercare di dare risposte concrete, donare una speranza magari, una luce delicata in grado di sfiorare ed illuminare i cuori fragili di chi in quella sala consiliare, con gli occhi lucidi, ascoltava catturato queste parole e ripensava a persone care o a se stessi, nella constante lotta verso la guarigione.

Francesca Palumbo
(Centro Italiano Femminile di Bitritto)

 

 

 

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